“L‘OPERA SULL’OPERA” di Chiara Diamantini
Sarà impossibile ripercorrere in queste righe le esperienze di lavoro vissute con e per Chiara Diamantini. Se Eugenio, alcuni anni fa, in un suo scritto si considerò un fratello maggiore, io ho la presunzione di immaginarmi il minore. Dal 1985 e per diversi anni siamo stati una famiglia allargata: quelli della Poesia Visiva, come riferimenti Mirella Bentivoglio ed Eugenio Miccini. Insieme ad altri amici artisti, abbiamo realizzato innumerevoli progetti ed allestito mostre non solo nell’ambito senigalliese. In quel tempo l’ultimo arrivato non poteva che studiare ed imparare; quegli insegnamenti sono stati utilissimi per districarmi nel complicato rapporto tra parola ed immagine. Abbiamo avuto una formazione comune, in lei ho sempre ammirato la costante tensione creativa che è storicamente riuscita ad imprimere al suo lavoro. Anche quando la svolge sulla parete o all’interno di una teca, l’opera ha un impaginato ordinato da una struttura di raffinata editoria.
Questa mostra è un’opportunità per sottolineare la necessità di un ragionevole impegno da parte del mondo della cultura nel riaffermare se stesso. Abbiamo la certezza nel tempo di ulteriori sviluppi tecnologici, ma anche la consapevolezza del necessario governo di ogni strumentalità, perché noi creiamo la macchina e non viceversa; a scriverlo sembra banale. Non è solo questo il motivo per cui la presenza del libro come contenitore ci gratifica ed un po’ ci consola; quando è di qualità, l’oggetto diviene la fantastica possibilità di un viaggio veramente alternativo ed unico. Nei suoi libri Chiara si caratterizza nel permanere di una ricerca che integra la relazione tra espressione letteraria per il mondo descritto e un nuovo sistema di segni da codificare. Un modello immersivo che è la prova di come si possa procedere creativamente con un rispetto mai devozionale, la manipolazione come scelta autonoma e rigorosa, una ridefinizione di segni, che nell’opera continua a mantenere inalterato il valore della narrazione. Il lavoro di Chiara Diamantini, in oltre cinquant’anni di attività, è anche divenuto un modello linguistico di riferimento per l’arte e l’alta formazione artistica. Ritengo che da questa iniziativa possano nascere anche delle opportunità didattiche rivolte di sicuro ai nostri studenti senigalliesi, ma certamente in collaborazione con il Musinf, potrà essere possibile offrire alle Accademie di Belle Arti e alle Università, occasioni d’incontro con l’artista ed il suo lavoro. Saggio sarebbe rifuggire per un attimo dal tablet e dallo smartphone per comprendere la reale motivazione di quella o dell’altra grammatura di carta, di un carattere tipografico, di un formato editoriale e di una rilegatura, di un colore dipinto o della scelta del materiale per un collage. E poi le prospettive trovate o costruite delle immagini fotografiche utilizzate, insomma un po’ di umile riformazione non farebbe male a nessuno dei protagonisti, che così godrebbero a pieno dell’opera letteraria selezionata dall’artista. Diamantini ci rivolge un invito a conoscere la sua personale biblioteca e le sue scelte letterarie, fornendoci al contempo vari percorsi per una comprensione consapevole. Poi il libro diviene planimetria svolgendo le sue pagine in sequenze progettate sulla misura della piega, il supporto assume la regola e la dimensione della giustezza tipografica è scelta dalla pagina. Si prende dal catalogo di un mondo di segni ed immagini il sistema dei significati, un universo di tracce, di appunti che parlano e raccontano, organizzano ed interpretano (…) itinerari sottili da inseguire di oggetto in oggetto (…), come scrive un noto teologo medioevale assai illuminato, Isidoro di Siviglia. Parole che hanno oltre quindici secoli, ma sono ancor oggi adeguate alle nostre letture in arte.Stefano Schiavoni